Il governo nella cruna dell’ago

Ancora poche ore per varare le misure anticrisi, ma non è bastata l’intera giornata di oggi per dipanare i troppi dubbi e veti incrociati. Lungo vertice a Palazzo Chigi per discutere dei provvedimenti. In serata il Cdm deve decidere se varare un decreto legge o un maxiemendamento a legge stabilità. Al Colle vanno in scena le consultazioni: salgono i leader del Pd e del Terzo Polo. Poi è la volta del ministro Tremonti; domani Pdl e Lega. Bossi: pensioni non si toccano. Casini: sacrifici ma via premier. Bersani: serve urgentemente una scossa

E’ difficile sintetizzare in un articolo tutta la giornata di oggi. Gli incontri, certo, il tourbillon di dichiarazioni e il numero in aumento di chi si prepara a sfilarsi da un governo che non esiste più. Difficile descrivere il clima da “fine impero” che si respira attorno a palazzo Chigi e quello vigile, preoccupato ma fermo che invece trapela dalle stanze del Quirinale alla vigilia del G20 di Cannes.

Preoccupato dal giudizio dei mercati finanziari, Silvio Berlusconi trascorre l’intera mattinata tra palazzo Chigi e via del Plebiscito per mettere a punto il decreto legge con le misure anticrisi promesse a Bruxelles con la lettera d’intenti. Dopo un vertice interministeriale durato cinque ore nella sede della presidenza del Consiglio, il premier convoca in serata un Cdm straordinario per il varo del provvedimento d’urgenza che presenterà domani al summit con i capi di Stato e di governo.
Ma il decreto legge è quanto di più lontano possibile da quell’invito alla coesione nazionale chiesto dal Quirinale e da qui il primo stop e i tentennamenti del governo: la maggioranza si sta sgretolando e i numeri sono a rischio. Se non passa la formula del decreto legge l’alternativa potrebbe essere un maxiemendamento da inserire nel decreto stabilità, mentre il decreto sviluppo slitta ancora a tempi da definire.
Ignoti, al momento, oltre alla forma anche i contenuti: un decreto con pochi provvedimenti urgenti con il quale Berlusconi si presenta al G20 di giovedì a Cannes? Emendamenti nella legge di stabilità già finanziaria? In realtà si scopre che quella lettera inviata alla Ue serviva solo a prendere tempo, altrimenti non doveva essere difficile tradurre gli “intenti” in misure concrete. Si sa per esempio che si è parlato di “patrimoniale” da parte di Tremonti ma al Cavaliere la sola parola fa venire la pelle d’oca. Preferisce una tassa sui conti correnti così colpisce anche i piccoli risparmiatori, fino ai pensionati che riscuotono l’assegno in banca. Netto no da parte di Confindustria che insiste sulla patrimoniale. Poi arriva una smentita da Palazzo Chigi. La solita tattica, si lancia il sasso per vedere dove va a cadere. Si è tornati a parlare di dodici possibili condoni, si è scoperto che vendere il patrimonio immobiliare non è poi così facile anche perché alcuni immobili non risultano neppure accatastati.
Mentre per tutta la giornata si svolgeva questa nuova sceneggiata berlusconiana, le Borse tentavano il rimbalzo. Andavano in altalena ed alla chiusura Piazza Affari respirava. Ma lo spread fra i nostri titoli e quelli tedeschi restava di pericolo rosso: 433 punti base, un po’ meglio di ieri quando aveva toccato i 450 punti, con interessi al 6,18%.

Ma torniamo alle girandole odierne: Disertata la cerimonia al milite ignoto, a pranzo il Cavaliere fa il punto con i suoi a palazzo Grazioli prima dell’Ufficio di presidenza del Pdl (riunitosi alle 18) e assicura: non c’è alternativa alla mia maggioranza, ho il dovere di governare, spiegherò agli italiani cosa faremo per uscire dalla crisi, chi è contro di me mi sfiduci pure in Parlamento.

Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, avvia delle consultazioni informali: nel pomeriggio riceve prima il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, e una delegazione del Terzo Polo. Poi è la volta del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Domani toccherà al Pdl (in rappresentanza di via dell’Umiltà ci saranno il segretario Angelino Alfano e i capigruppo Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri) e alla Lega.

Si fa sentire anche Umberto Bossi che ribadisce il veto alla riforma delle pensioni (“Siamo pronti alla rivoluzione”), taglia corto con una pernacchia sull’esecutivo Monti e assicura: “Berlusconi non farà mai un passo indietro”.

I leader del centrosinistra, intanto, riuniscono i vertici dei rispettivi partiti e confermano di essere pronti a fare la propria parte, assumendosi anche la responsabilità di sostenere scelte impopolari, “a patto che Berlusconi si dimetta e venga varato un nuovo esecutivo guidato da una personalità super partes”. Pierluigi Bersani non ha dubbi: “Il governo è muto e disorientato, serve una scossa. Con la manifestazione di sabato indicheremo la strada da seguire. Se l’esecutivo cambia, l’Italia ce la fa”. Gli fa eco Massimo D’Alema: ” Noi siamo pronti a sostenere un governo serio guidato da una personalità credibile scelta dal presidente Napolitano. Un governo per il quale auspichiamo il più largo sostegno possibile, compreso quello del Pdl”.

L’Idv conferma la sua disponibilità a un governo di larghe intese, ma pone dei paletti di metodo e di merito. Antonio Di Pietro, al termine dell’ufficio di presidenza del partito e dopo un colloquio con Bersani e il presidente di Sel Nichi Vendola, spiega di aver deciso “di assumersi le proprie responsabilità”. Ma come “precondizione” “chiede a gran voce che Berlusconi non possa e non debba governare ancora”. Per Vendola ora “serve un governo forte e legittimato dagli elettori, un tecnico non basta”.

In una conferenza stampa a Montecitorio Casini illustra la posizione de terzo polo ed è altrettanto categorico: “L’Italia ha due problemi che sono chiari a tutti, dalle piramidi al resto del mondo: la non credibilità di Berlusconi e il Paese che non cresce. Ma il primo problema, il macigno principale da rimuovere, è Berlusconi. Noi abbiamo detto al capo dello Stato che, nonostante siamo all’opposizione, siamo disponibili a prenderci la nostra dose di responsabilità per i sacrifici ma il problema di Berlusconi esiste e viene immediatamente prima del problema della crescita”.

Gli fa eco Bocchino, vicepresidente di Fli: “Il Paese così non può andare avanti, non è più tempo delle promesse, ma dei segnali concreti. Serve dunque un governo di ricostruzione nazionale che assuma la responsabilità delle misure necessarie a far uscire il Paese dalla crisi. C’è un problema di credibilità che riguarda Berlusconi, per cui se resta alla guida del governo qualsiasi misura rischia di essere inutile”.
Di qui la disponibilità di Fli a un “governo alternativo di larghissima convergenza che coinvolga le diverse sensibilità istituzionali e politiche per salvare l’Italia”.

L’ipotesi di un governo di larghe intese con un cambio di timoniere (sempre più quotato il nome di Mario Monti) non è vista di buon occhio nelle fila della maggioranza. E Berlusconi, nonostante faccia sfoggio di grande sicurezza sembra che nelle discussioni private non abbia lesinato sfoghi contro i malpancisti del Pdl. Il cui numero però cresce tanto da spingere Casini, in conferenza stampa, a dire: “Non è più il momento delle furberie ma pensiamo che ci siano molti disponibili” ad uscire dalla maggioranza.

I malpancisti, intanto, continuano a muoversi in ordine sparso. Tra i più attivi, il ‘dissidente’ Roberto Antonione riunisce a pranzo molti parlamentari delusi dall’azione politica del Cavaliere. Durante l’incontro tra Antonione e i ‘frondisti’, raccontano, si sarebbe parlato anche dell’ipotesi di uscire dal Pdl, dando vita a un gruppo parlamentare autonomo. Circola con insistenza l’ipotesi di una nuova componente parlamentare formata da ex finiani. A lavorare alla nuova formazione da battezzare alla Camera gli ex Fli, Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Antonio Buonfiglio e Pippo Scalia.
Qualcuno assicura che è circolato anche un documento ad hoc per chiedere un passo indietro al premier.
In serata, durante l’ufficio di presidenza del Pdl, Alfano parla di una congiura ai danni della maggioranza per attirare una decina di deputati. In particolare, paventa il rischio di un ribaltone e avverte che per scongiurare ogni tentativo di mandare a casa Berlusconi bisogna arrivare indenni fino a Natale.
A gennaio, avrebbe spiegato l’ex Guardasigilli, se dovesse precipitare la situazione politica, l’unica alternativa all’attuale governo sarebbe il voto anticipato.
Per la Lega bastano le parole, anzi i gesti, del Senatur. Bossi fa il dito medio quando i giornalisti gli prospettano interventi previdenziali e giudica così l’appello rivolto ieri dal presidente della Repubblica: “Va bene. Ma bisogna vedere quello che significa”. Il Pd non ci sta. Bersani è categorico: “C’è l’esigenza assoluta e urgente di un colpo di reni e di una scossa nella politica e nei contenuti per dare una risposta credibile a questa situazione che è il passaggio più difficile per l’Italia dal dopoguerra ad oggi”.

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