All’Ex Alfa di Arese spunta l’ombra della ‘Ndrangheta

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La denuncia arriva dallo Slai Cobas che, documenti e visure camerali alla mano, ha già presentato l’ennesimo esposto alla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano

di Roberta Rampini

 
La disperazione degli operai al presidio dell'Innova Service all'ex Alfa di Arese (Studionord)

La disperazione degli operai al presidio dell’Innova Service all’ex Alfa di Arese (Studionord)

Arese, 2 ottobre 2012 – «C’è l’ombra della ‘ndrangheta sull’area dell’ex Alfa Romeo di Arese». Lungi dall’essere una boutade. La denuncia arriva dallo Slai Cobas che, documenti e visure camerali alla mano, ha già presentato l’ennesimo esposto alla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano. L’ombra che si aggira nell’area ha nome e cognome, quello di Carmine Cambareri, 50 anni, nato a Bagnara Calabra, residente a Bologna, arrestato lo scorso primo marzo nell’ambito dell’operazione «Black Hawks» sulla ‘ndrangheta, condotta dal Gico e dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano.

L’operazione aveva portato a 23 ordini di custodia cautelare, chiesti dal gip Giuseppe D’Amico, al sequestro di beni per cinque milioni di euro, per i reati di riciclaggio, usura, estorsione, associazione a delinquere, ricettazione con l’aggravante del metodo mafioso.

Carmine Cambareri è titolare della Cargolog srl, l’azienda specializzata in logistica nel settore automobilistico che da marzo 2011 gestisce Arese Automotive, il mega deposito di auto di tutte le marche realizzato davanti al silos dove una volta venivano stoccate le Alfa Romeo pronte per la consegna. Inoltre Cambareri è amministratore delegato della Cargo Rent. «A maggio 2012 Arese Automotive ha ceduto il ramo d’azienda del deposito delle auto e del silos dell’Alfa Romeo a Cargo Log, il cui proprietario era già in carcere per ‘ndrangheta – spiega Corrado Delle Donne, rappresentante nazionale dello Slai Cobas -.

Come è possibile che un personaggio così continui a fare affari? Qui assumono gli uomini dell’ndrangheta e lasciano in mezzo alla strada operai e operaie con famiglie da mantenere».
L’esponente sindacale nel mese di luglio ha raccontato tutto all’ufficio di segreteria del gip D’Amico, quello che ha firmato i provvedimenti di custodia cautelare, ma di fronte al silenzio della magistratura ha deciso di denunciare pubblicamente quello che sta succedendo sull’area: «Non ci stancheremo di denunciare gli affari sporchi. Speriamo che prima o poi succeda qualcosa – conclude Delle Donne – anche se l’impressione è che su quest’area ci siano di mezzo uomini e interessi politici che riescono a condizionare la magistratura».

Intanto i 60 operai licenziati nel febbraio 2011 dall’Innova Service, l’azienda che si occupava della pulizia e manutenzione dell’area industriale, sono ancora in presidio, davanti alla portineria sud-ovest. «È una vergogna. Da 19 mesi lottiamo per un posto di lavoro ma continuano a prenderci in giro, a fare promesse, nessuno si prende la responsabilità di trovare una soluzione occupazionale – spiegano le tute blu – su quest’area tutti fanno affari, speculazioni immobiliari da centinaia di milioni di euro e noi non arriviamo alla fine del mese».

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