alcune delle cose che Peluffo ha detto nel corso dell’intervento alla direzione del pd milanese .

Alcune delle cose che ho detto nel corso dell’intervento alla direzione del pd milanese

Gli effetti dell’indagine della Procura di Monza ci riguardano direttamente.

Filippo Penati non è “il primo che passa per strada”, da  personaggio pubblico e rappresentante delle istituzioni riceve un’ attenzione aggiuntiva dei media rispetto ad un qualsiasi cittadino ma rimane valido, anche per lui, il principio della presunzione di innocenza.

Penati  rappresenta un pezzo fondamentale del gruppo dirigente, ieri dei Ds oggi del Pd, a livello lombardo e nazionale

Risulta pertanto curiosa la rincorsa a cui assistiamo in queste ore a chi “non lo conosceva” e “non lo frequentava”, di questi distinguo ai nostri elettori, alla gente non interessa; e non cambia in alcun modo la natura del problema che abbiamo di fronte: il coinvolgimento nelle indagini di un pezzo fondamentale del gruppo dirigente del Pd!

Ed è altrettanto inutile rincorrersi affetti dalla sindrome del “più uno”, per cui si chiede sempre un passo in più, senza  affrontare il nodo politico nel suo insieme.

Mettiamo un punto fermo: Penati ha dichiarato la sua estraneità ai fatti contestati –e confidiamo che sia in grado di dimostrarla-, si è autosospeso dal Pd, è fuori dal gruppo consigliare regionale. Non sta a noi chiedere  di rinunciare alla prescrizione (cosa che peraltro ha dichiarato dii essere intenzionato a fare) o le dimissioni da consigliere regionale, perché  queste scelte appartengono alla sfera individuale.

Come partito dobbiamo pretendere chiarezza: scelga Penati gli strumenti più idonei ma deve dimostrare la sua estraneità ai fatti, altrimenti non c’è alcun futuro possibile tra Penati e il Pd.

Detto questo concentriamoci sul nodo, ancora da sciogliere, di come reagisce il Pd.

C’è il versante delle procedure di garanzie interne(attendiamo il lavoro della commissione di garanzia ma non può esserci alcuna incertezza sulla chiarezza che pretendiamo) e di una discussione sull’efficacia degli strumenti di cui ci siamo dotati a, a partire dal codice etico.

Ma c’è soprattutto il punto politico della nostra risposta, da dove partiamo.

Sono convinto che dobbiamo guardare alle ragioni di fondo per le quali abbiamo dato vita al Pd.

Un Partito nuovo, non la semplice prosecuzione in linea retta della tradizione pci-pd-ds e di quella popolari-margherita, quelle storie si sono interrotte per dare vita ad un Partito compiutamente nuovo, che nasce –ricordiamocelo- per cambiare.

Per cambiare il rapporto tra politica e istituzioni, politica ed economia, per trasformare profondamente la società italiana.

Non siamo, quindi, “diversi” o “superiori”, anche se rivendichiamo fino in fondo la fatica e l’entusiasmo per fare dell’impegno quotidiano nel pd una delle forme più alte di impegno civile, siamo portatori di una cultura delle istituzioni che deve fare la differenza.

Il principio ispiratore, che dobbiamo rivendicare, è che bisogna liberare le istituzioni dall’occupazione dei partiti e dalle incertezze che penalizzano la trasparenza in favore di gruppi di interesse particolare; liberare le istituzioni da una pratica che confonde la gestione amministrativa con l’intermediazione opaca degli interessi.

Questo è lo snodo. E proprio in un momento di difficoltà  il Pd si rilancia se ripropone in radice le proprie ragioni fondanti , recuperando credibilità  su questo terreno.

Liberare le istituzioni significa mettere al centro della nostra iniziativa un pacchetto di riforme che vanno dall’estromissione dei partiti dalla gestione di aziende pubbliche come la Rai al rovesciamento dei criteri di nomina nella Sanità, allo sfalcio della pletora di aziende a partecipazione pubblica soprattutto a livello locale.

E significa essere portatori di politiche conseguenti, dalla liberalizzazione dei servizi pubblici locali alla riqualificazione della spesa pubblica attraverso scelte di spending review e riordino funzionale dello stato, come la cancellazione delle Province per farne enti di secondo livello.

Bastano i titoli per capirsi sul senso delle cose da fare.

Sulla capacità di affrontare questo nodo, su quale direzione di marcia imboccare per uscirne politicamente, si valuta un gruppo dirigente.

Una comunità politica si tiene insieme sulla capacità di costruire le proprie ragioni di fondo,  vivendo anche di posizioni diverse, ma nella chiarezza della proposta politica.

Per questo credo che il percorso della conferenza organizzativa e la sua declinazione milanese non possano limitarsi a “stringere i bulloni organizzativi”,  ma debba interrogarsi  su quale idea di partito abbiamo, quale funzione riteniamo sia chiamato a svolgere per corrispondere agli obiettivi di fondo.

Ed è anche la dimostrazione di quanto fosse fuorviante la polemica  “partito pesante” contro “partito leggero”, perchè ha messo in secondo piano il cuore del problema, ossia la riflessione su quale funzione il partito debba svolgere nell’intersezione tra politica, istituzioni ed economia nella società contemporanea.

Un momento straordinario come quello che stiamo vivendo non si affronta con l’ordinarietà.

E per una volta -permettetemi-  la straordinarietà, prima ancora che nelle decisioni organizzativistiche, sta nella qualità della discussione, nell’apertura del  confronto al proprio esterno  e nella forza della proposta.

Su questo, alla fine, verremo valutati tutti quanti

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